Risponde il leader Mauro Berchi.
Ciao Mauro, è un piacere intervistarti, soprattutto dopo aver ascoltato l'ennesimo grande lavoro dei Canaan; ti va di parlarmene?
Certamente, piacere mio quello di essere intervistato; "The unsaid words" è stato registrato in un periodo di tempo molto lungo, che va dalla fine del 2002 agli inizi del 2005. Per tutti i dischi precedenti avevamo seguito una strada molto "canonica", vale a dire prove in saletta, costruzione dei brani, qualche giorno in studio per registrarli e via andare. Con pochissimi soldi da spendere e conseguentemente pochissimo tempo per provare a sperimentare soluzioni alternative. Per il nuovo disco, abbiamo invece deciso di investire i pochi soldi a disposizione per mettere in piedi un piccolo studio che ci permettesse di fare le cose con grande calma, fermandoci tutto il tempo necessario per ragionare su quello che stavamo facendo. Abbiamo cominciato a registrare degli spezzoni improvvisati, con line-ups molto ridotte (due o tre persone al massimo), e abbiamo continuato in questo modo per un periodo molto lungo, che ci ha portato ad avere un buon numero di "tessere del puzzle". Io e Nico ci siamo poi messi verso Gennaio/Febbraio del 2005 a costruire le strutture definitive dei brani, che sono poi stati collettivamente ri-arrangiati nei mesi successivi. A luglio sono andato in uno studio "vero" per il mixaggio dei brani, poi ad agosto in un altro studio per il mastering finale. E quello che ne è uscito è "The unsaid words".
Il disco propone, come i tutti i precedenti, l'alternanza fra brani ambient da un lato e canzoni dark/gothic dall'altro. Ritenete questo connubio inscindibile dallo stile Canaan?
Direi di si. Quando componiamo qualcosa, andiamo generalmente alla ricerca di una atmosfera particolare, e a volte capita che gli strumenti "tradizionali" non siano sufficienti per il nostro scopo. In quelle occasioni preferiamo usare campionatori e/o field recordings o comunque sorgenti sonore inusuali in un contesto musicale "rock" (virgolette d'obbligo). Abbiamo sempre fatto cosi', e penso proprio che continueremo su questa strada anche in futuro.
Rispetto al passato le tastiere ricoprono ora un ruolo fondamentale nell'economia dei brani, o sbaglio?
Da un punto di vista funzionale e strutturale direi che le tastiere in "The unsaid words" non sono differenti da quelle dei dischi precedenti, nei quali hanno sempre avuto un ruolo molto importante. E' invece vero che in questo disco hanno maggiore spazio, cosa dovuta alla maggiore attenzione che abbiamo potuto riporre nella scelta dei suoni, nel loro accostamento e nella equalizzazione più curata. Tutte cose che ci siamo potuti permettere solo grazie al metodo di registrazione di cui parlavo prima.....
"The unsaid words"è il secondo disco che vede la partecipazione di Gianni dei Colloquio alle voci in alcuni brani. Non avete mai pensato di affidargli l'intero lavoro vocale di un vostro album?
Assolutamente si. Anzi, stiamo proprio in questi giorni mettendo in piedi le basi per una collaborazione che vedrà il grande Gianni in veste di unico vocalist, in un gruppo per il quale stiamo cercando un nome plausibile e per il quale stiamo già scrivendo a quattro mani dei testi. Se tutto va secondo i nostri programmi, dovremmo riuscire a concretizzare il progetto entro pochi mesi, e penso che se ne sentiranno delle belle......
Negli anni scorsi hai spesso dichiarato la tua avversione verso i concerti e quindi l'impossibilità di vedere i Canaan on stage; hai cambiato idea o rimani sulle tue convinzioni?
No, non ho cambiato idea. Anzi, se possibile la mia idiosincrasia per i concerti si è fatta ancora più forte che in passato. Sopporto molto a fatica i concerti di qualunque genere, in special modo quelli (e sono la maggioranza) nei quali la gente va solo per bere tre birre, fare casino e cercare un po' di figa. Per quello esistono già le discoteche e in realtà, esiste pochissima differenza tra le due cose a ben vedere. Oltre a questa repulsione, devi tenere conto del fatto che 2 dei 5 membri CANAAN vivono parecchio lontano da Milano, e non ci incontriamo praticamente mai tutti insieme. Anche volendo, nella assai improbabile eventualità di un concerto, non avremmo gli automatismi necessari per suonare dal vivo. E' comunque un problema che potrebbe essere superato, se avessimo la voglia di farlo, ma sinceramente non ci interessa mostrarci di fronte ad un pubblico, per cui il problema non si pone...
"Le parole non dette"; c'è una connessione fra il titolo del disco e la copertina raffigurante una grigia camera con dei fogli bianchi sparsi da un lato e una ragazza dallo sguardo vuoto e triste dall'altro?
Direi proprio di si. Il disco ruota integralmente attorno al concetto del rimpianto per le parole non dette, per le cose non fatte, per le occasioni non sfruttate. Abbiamo tutti i nostri scheletri nell'armadio; alcune persone riescono a conviverci pacificamente, altre (mi includo tra queste) molto meno. La copertina riflette visivamente una porzione significativa del concetto che sta dietro al disco; c'è molto in quei fogli bianchi, che si ha paura di riempire, che non si ha voglia di toccare..........
"Una sensazione di apatica rassegnazione verso la vita e il dolore che essa, inevitabilmente comporta". Così ho scritto nella mia recensione; sei d'accordo con le mie parole, o a tuo parere, il disco ha ben altre emozioni da offrire?
Mi piace la descrizione di "apatica rassegnazione". Trovo che sia piuttosto appropriata per descrivere il concetto del disco. La presa di coscienza di quello che non funziona porta inizialmente rabbia e dolore. Con il passare del tempo, questa rabbia si trasforma per forza di cose in accettazione degli aspetti negativi delle cose che non si possono modificare. In una fase ancora più avanzata, il dolore muta in prostrazione psichica. Fino a quando la frustrazione via via più profonda ed immodificabile diventa apatia vera e propria, che in determinate occasioni può essere un potente analgesico. Non so di preciso quali sensazioni possa provocare il disco, ma ogni volta che lo ascolto penso di poter scorgere parecchi degli elementi sopra menzionati.
Anni fa, quando stampasti Esoteric e Thergothon in molti ti davano del pazzo, giudicando un suicidio commerciale tale scelta. Oggi, il doom depressive/funeral/apocalyptic, "tira" parecchio. Significa che tu avevi visto giusto, oppure che le "pecore" seguono ciò che viene loro imposto dal mercato?
Come per ogni altra uscita Eibon, non mi importa nulla dell'appeal commerciale di un disco. Lo produco se mi piace, punto e basta. Lo stesso vale anche per Thergothon ed Esoteric, due gruppi che ho sempre amato e che sono stato orgoglioso di produrre. Per quanto riguarda la pecoronaggine della gente, non posso che concordare con te. Nonostante le nuove tecnologie come il p2p ed il download rendano facile e possibile verificare la qualità di un prodotto prima dell'acquisto, le masse continuano a comprare dischi pessimi di gruppi pessimi, e questo fa dubitare non tanto della qualità oggettiva dei dischi che escono (che già si sa essere molto scarsa), quanto della effettiva intelligenza di chi i dischi li compra. Ogni critica è comunque molto "parziale" - ognuno è libero di spendere i propri soldi come meglio crede, ed i gusti sono indiscutibilmente gusti, per quanto strani possano essere.
Prima di concludere, mi dici i tuoi Top Albums del 2005? Hai qualcosa da aggiungere?
Top albums? Davvero non saprei..... Alcuni dischi che mi sono piaciuti molto sono il box degli Inade "Colliding dimensions", il cd dei Combattive Alignement "And outside glows the red dawn", i nuovi cd di Klimt 1918 e Room With A View, il cd Organized Resistance e altri ancora, che al momento non mi vengono in mente. Ti ringrazio per lo spazio concesso :: NOTHING :: NEVER :: NOWHERE ::
- MARCO CAVALLINI -