Nel Dicembre 2012, dopo 13 anni di silenzio assoluto la Sad Sun Music aveva pubblicato la raccolta retrospettiva “Materia Occulta”. Visto il silenzio calato dopo di essa pareva che aveste abbandonato un’altra volta l’attività musicale. Oggi invece siete nuovamente qua. A te la parola.
Nequam: Ebbene sì. In questi 3 anni sono cambiate un po’ di cose. Diciamo che, già durante l’uscita di “Materia Occulta”, avevamo in mente di ritornare a scrivere musica a sé stante, cioè sospendere ciò che per noi era stato l’impegno primario degli ultimi dieci anni, ossia la musica applicata. Avendo composto per il mondo della video-arte, il teatro o per progetti di terzi, non ci eravamo più posti il problema di ritornare alla nostra primigenia forma musicale, quella cioè vicina al concept, quella più strettamente legata a The Magik Way. Ma si sa, come spesso accade è il caso a intervenire e ad allineare gli elementi per fare chiarezza e veicolare il cambiamento, definendo così un nuovo inizio. Ecco che nel 2014-2015 si è deciso di riprendere il filo del discorso e, insieme a “vecchi” e nuovi musicisti, operare alacremente per la realizzazione di questo ultimo lavoro, sotto il costante supporto della Sad Sun Music, ci teniamo a ribadirlo e lo faremo sempre, senza la quale spinta motivazionale non sarebbe stato possibile.
Ci sono altri fattori, caratteristiche dei quali non potreste fare a meno prima di cominciare a scrivere e comporre?
Nequam: Posso dirti che ogni percorso compositivo è costituito di questioni formali (che definiremmo maniera, oppure semplice metodo) e altre prettamente legate all’ispirazione e ad un meccanismo che si auto-alimenta. Questo meccanismo che noi ricerchiamo, diventa per noi vitale ogni qualvolta si apra un varco utile per generare una storia che possa divenire musica, testo, narrazione. E’ come una corda tesa, la presa in carico di un progetto che solo attraverso uno sforzo di coerenza potrà essere portato a termine. In quelle particolari fasi non esistono orari e, benché ognuno di noi abbia una vita al di fuori della nostra arte, diventa impossibile spezzare il flusso creativo, che come sempre assume connotati qua e là ossessivi e difficili da gestire del tutto. Un sentimento travolgente che spazza via i restanti pensieri e li relega in un angolo, privandoli di tutta l’importanza.
Sebbene a livello tematico non è un mistero per nessuno che The Magik Way si ispiri a tematiche come la Neo-Magia, l’Alchimia, lo Spiritismo è nella fase di tessitura della storia che serve rimanere centrati sul progetto, o il rischio sarebbe quello di una mera cronaca citazionistica di pretese conoscenze, o vago sfoggio di nozioni in sé e per sé inutili quando non stucchevoli.
Per esempio, so che la natura, l’ambiente, la Terra rivestono un ruolo fondamentale per voi. Quale credi sia la stagione migliore per carpirne al meglio l’energia?
Nequam: La Natura è per noi il macro-contenitore dal quale ogni cosa, piccola, grande, positiva o terribile deriva. La grande impronta di una deità pretesa e ricercata ma mai trovata nell’uomo e nelle sue manifestazioni più o meno “umane”. Sarebbe un esercizio superfluo anche solo descrivere freddamente le caratteristiche e le forze che giocano un ruolo in tal senso. Abbiamo imparato che vi sono codici che si ripetono nei millenni, coeterni all’Universo, dove tutto e all’unisono assume una sua importanza, che sia sotto il piano chimico, fisico o metafisico. Una catena di accadimenti che sono memoria per il regno animale e vegetale. Mentre ti scrivo ad esempio guardo fuori e vedo che l’erba sta crescendo, il sottobosco si fa ostico, le api si intravedono, ancora stordite, mentre le lepri si affacciano dai rovi e prendono nuovo coraggio, attente a non essere ghermite dai predatori. Quanti incredibili dettagli ci sfuggono, quanti insegnamenti si nascondono dietro questo concerto di vicende.
Il concept dell’album tratta di un uomo attraversato da un pensiero ossessionante. Egli riflette sul fatto incontrovertibile che la forza di gravità costringa i corpi alla caduta. Puoi darmi maggiori spiegazioni in merito?
Nequam: Curve Sternum deriva da un espediente assai visionario nato da una mia riflessione che emerse spontanea sugli argini di un fiume e che si compenetra da un lato con le tematiche relative al rapporto tra Uomo e Natura e dall’altro con le istanze alchemiche delle quali ci stiamo occupando da un po’ di tempo.
Questo ipotetico adepto, questo instabile alchimista, vive delle sue ossessioni e, nell’assurda pretesa di controllare il proprio orizzonte degli eventi, vede nella forza di gravità la riprova di un orrendo destino: l’impossibilità dell’Uomo di liberarsi dalla propria tara, il peso insostenibile dei “corpi pesanti”. Ogni materia, che sia solida o liquida, è infatti costretta a ricadere al suolo e questo fenomeno viene vissuto dal protagonista come un macabro rituale di cessazione.
E’ nel tentativo di mettere a tacere questo terribile pensiero che egli si inoltra nella pratica, inutile a dirsi errata e scellerata delle arti magiche, senza ottenere nulla se non lo scatenarsi di energie sconquassanti e dannose. In contemplazione degli astri egli acquisisce suo malgrado una postura, quella “a curva di sterno”, schiacciamento annichilente delle membra che impedisce il respiro e offusca la mente. Si dibatte, scomodando pratiche rischiose, evocando il Grande Nome di Potenza (Yod-He-Vau-He), ma inutilmente. Gli spiriti della Terra, sempre pronti ad ingannare chi si mostra con passo incerto, bisbigliano falsità e verità, per l’uomo succube degli eventi risulta impossibile comprenderne il senso. E’ in questo caos di informazioni indecifrabili che l’uomo scopre una volpe morta, dono insperato, rappresentazione metaforica di un “altro da sé”, senza vita. Finalmente egli fa ammenda. Rivive i passi fallaci, comprende che dal vile abuso dei simboli non otterrà mai nulla.
Soltanto così, egli comprende che senza il controllo degli eventi, senza una piena consapevolezza dell’Alto e del Basso, ogni pratica, anche la più corretta e dettagliata non potrà mai portare ai risultati sperati. Ogni cosa deve essere in accordo con la precedente e con la successiva. Ridestato dalle memorabili parole di Ermete Trismegisto: “Ciò che sta in Alto è come ciò che sta in Basso”, egli può infine proseguire, abbandonando l’infausta postura.
Fra i vari ringraziamenti vengono citati il regno animale, gli elementi del bosco, gli spiriti elementari. Quale e quanta è la forza che traete dalla natura? Ritieni fondamentale stabilire un equilibrato rapporto con essa?
Nequam: Quello dell’uomo che si riaffaccia al mondo della Natura riconoscendone il valore è un tema molto attuale. Noi riteniamo che non serva cedere ad istanze ambientaliste, figlie della corruzione, del business e di una ridicola moda, per capire che la Natura sia tutto ciò che abbiamo, tutto ciò di cui veramente necessitiamo, tutto ciò di cui siamo fatti. In verità sono poco più di 150 anni che l’uomo si è messo in testa di poter fare a meno di Essa, sfruttandola, piegandola a ben altre urgenze. E per questo si è smarrito, e per questo sta svanendo. Non siamo ciechi e ben comprendiamo l’evoluzione tecnologica come un qualcosa di utile e ammirevole, ma tale evoluzione sta soppiantando principi inviolabili, principi non quantificabili, non sfruttabili, non monetizzabili. Il destino di questa pazzesca velocità di sviluppo sarà di avere vita breve, mentre le cose millenarie del mondo torneranno ad avere un ruolo centrale. Rifacendomi ad una bellissima frase di Wendel Berry penso di poter rendere meglio l’idea del mio pensiero, Berry scrive: “Poni la tua fiducia nei 5 centimetri di humus che si formeranno sotto gli alberi ogni mille anni. Stai a sentire come si decompongono i cadaveri: metti l'orecchio vicino e ascolta i bisbigli delle canzoni a venire”. Queste parole, anche per una mirabile qualità vibratoria sono sensazionali e, queste sì, rivoluzionarie nella loro semplicità. Una semplicità totemica di cui c’è molto bisogno. Non si possono non condividere con entusiasmo e febbrile euforia.
Quanta importanza ha avuto la natura nel corso degli anni sul vostro percorso artistico?
Nequam: Ogni giorno scopriamo il valore di certe pratiche, l’essenza, il vero significato di certi rituali che anni fa non comprendevamo. Un po’ come il protagonista di Curve Sternum, anche noi siamo continuamente impegnati nel formulare nuove domande. E pian piano godiamo delle piccole conquiste quotidiane. E’ una scoperta continua. 20 anni fa, quando il nostro percorso iniziò, eravamo spinti dal desiderio di anonimato e di protezione delle nostre pratiche iniziatiche (un atto dovuto e obbligatorio) e per questo vivevamo e operavamo in luoghi bucolici, segreti, isolati. Tuttavia la nostra attenzione non era ancora focalizzata sui codici della natura, questo perché in giovane età, si è tendenzialmente interessati a cose più trasgressive, sinistre. Col tempo, con l’età, le cose sono cambiate.
Noto l’apporto dei chitarristi Old Necromancer e Maniac Of Sacrifice, tuoi vecchi compagni di avventura musicale. Come mai hai deciso di coinvolgerli nel progetto?
Nequam: La cosa si è sviluppata nel più semplice dei modi. Fin dalla fase embrionale, quella cioè compositiva o meglio ancora ideativa del concept, io e Azàch avevamo contattato Old Necromancer per una eventuale partecipazione al disco. Successivamente spedii delle bozze dei brani a Maniac of Sacrifice che in brevissimo tempo mi confermò con entusiasmo il desiderio di aggiungere delle parti. Sono entrambi musicisti che stimo molto, fin dai tempi in cui prestavano, insieme a me, la loro creatività nei Mortuary Drape. Ho sempre riconosciuto nel loro modo di suonare un forte senso della melodia, in un genere quello black metal, spesso colmo di soluzioni cacofoniche e ben poco orecchiabili. Io credo che il bello di certo materiale degli anni ’90 risiedesse anche nella “cantabilità” di certe frasi chitarristiche. Curve Sternum è un disco dove trovano spazio concezioni simili, dove gli arrangiamenti sono ridotti all’osso e per questo serviva una tessitura pulita ed essenziale. Inutile dire che siamo molto soddisfatti del risultato ottenuto e di un’alchimia tra noi che fin dalle prime note si è rivelata inalterata a distanza di tanti anni.
Leggendo i loro nomi forse qualcuno si chiederà perché a questo punto non sia presente anche Diabolic Obsession, vista anche la sua importanza rivestita in passato nel progetto. Cosa puoi dirmi in proposito?
Nequam: Innanzitutto voglio mettere in evidenza il fatto che nel primo brano “I Corpi Pesanti” il riff portante è opera di Diabolic Obsession, quindi, almeno in piccola parte posso dire che il suo contributo sia presente. Aldilà dei graditi tributi di amicizia, Diabolic Obsession è per ora, e ormai da anni, impegnato in cose che non hanno a che fare con la musica “suonata” e continua molto coerentemente un proprio percorso personale. Come ricordi giustamente tu la fondazione dei The Magik Way si deve anche a lui e al suo talento: un talento contagioso e autentico, ben udibile e immortalato su pagine importanti del black metal italiano. Umanamente parlando ho sempre la speranza che prima o poi torni a rivivere il piacere per la performance con rinnovato entusiasmo.
Tlalocan è il nuovo membro dei The Magik Way. Ti va di presentarlo ai lettori del sito?
Nequam: Tlalocàn è un musicista molto versatile. Lo incontrai su un palco nel 2007 durante un esperimento di improvvisazione dove, alla cieca, si riunivano ensamble di artisti che non avevano mai suonato insieme prima di quella sera, una iniziativa molto interessante, utile per esplorare il proprio senso della sperimentazione su strumenti astrusi e le proprie capacità di ascolto degli altri. Mi colpì il suo modo di suonare il contrabbasso, molto libera e anticonformista. La nostra amicizia nel tempo si è andata rafforzando e devo dire che fu tramite lui che cominciai ad affacciarmi a certe tematiche sul regno animale, attraverso il superamento di certe fissità che avevo e dovevo assolutamente vincere. Posso definirlo un conoscitore di certi argomenti e una persona che più di altri vive in perenne contatto con l’incanto e una dimensione ispirata. Un uomo che vive un’esistenza oserei dire crowleriana, dall’aura viola intenso.
Quale è stato il suo apporto all’interno del lavoro di composizione di “Curve Sternum”?
Nequam: Il suo coinvolgimento è legato principalmente agli arrangiamenti. Curve Sternum è un disco dove per l’80% del tempo, convivono basso elettrico e contrabbasso acustico, due strumenti che per un discorso di frequenze devono essere ben dosati, tramati. Poi, va da sé, che le tematiche relative al mondo della Natura abbiano almeno indirettamente avuto origine anche grazie a lunghissime elucubrazioni avvenute tra di noi, argomenti dove Tlalocàn e certamente Azàch sono davvero molto preparati.
Avete utilizzato strumenti “particolari” come in passato per ottenere le sonorità presenti in “Curve Sternum”?
Nequam: Si, alcuni. Azàch ha utilizzato un set di piatti particolari, alcuni rotti, modificati, sovrapposti. Ha usato una campana rituale udibile nel brano “Yod-He-Vau-He”. Altri tubi, metalli. Negli anni mi sono abituato a vederlo sempre circondato di qualsivoglia materiale, immerso in una dimensione industriale e sempre di ricerca del suono adatto.
Abbiamo anche usato chitarre acustiche che possiedo da molti anni e altrettanto modificate e accordate in varie modalità, un flauto birmano che avevamo già utilizzato in passato. Tlalocàn ha usato sul suo contrabbasso materiali per sfregamento, sonagli come le delonix regia (carrube giganti) e bastoni rituali come la Spiritah. Tutti questi strumenti sono molto grezzi e dal timbro scuro, legnoso; il contrabbasso ma soprattutto i timpani sono stati accordati per essere profondi e sabbiosi. L’idea di fondo era quella di un disco dai suoni grossi e rituali. Tutto lo sforzo è stato fin da subito rivolto in quella direzione.
In alcuni frangenti il tono vocale echeggia quello dell’indimenticabile Mr. Doctor. E’ una cosa voluta, cercata o assolutamente involontaria?
Nequam: Non mi sono mai ispirato a Mr. Doctor anche se sono un estimatore dei Devil Doll e rimasi veramente affascinato negli anni ’90 quando mi capitò di ascoltarlo. Sono oltremodo lusingato dal paragone ma, almeno volontariamente, non ho ricercato quelle soluzioni timbriche.
Per quanto concerne la voce era nostra intenzione fare un lavoro incentrato sull’intelligibilità della parola. Abbiamo come sempre dato grande rilievo ai testi ma, mentre nel passato fatalmente gli arrangiamenti finivano per non far veramente emergere l’interpretazione e nemmeno rendere comprensibili tutti i passaggi, questa volta la voce appare finalmente ben nitida ed evocativa come noi volevamo e come a ben pensarci, avremmo voluto fin dagli esordi, ma senza conoscere il modo per ottenerla.
L’incisività della voce è enorme, a tal punto da farmi pensare che alcuni frangenti delle canzoni sembrano essere nati da essa per poi essere costruite in un secondo momento con gli strumenti.
Nequam: Negli anni, tra teatro e performance, ho intrapreso un percorso sul canto e sul declamato che mi ha portato a questo tipo di approccio, che ha in sé certamente echi del passato ma è inevitabilmente epurato di certe tinte eccessive, per lasciar spazio ad un piacere per la narrazione più spiccatamente vicino a istanze alla stregua del reading. Alcuni brani sono stati registrati assumendo posture inusitate, proprio per meglio rendere l’idea dell’immane sforzo del protagonista, dolorosamente inchiodato nella nefasta posizione “a curva di sterno” e anzi, proprio nell’introduzione di questo brano, ho cantato praticamente a testa in giù.
Nessun brano è nato dalla voce ad eccezione di “Nel tempo restare”, il cui incipit è estratto da una preghiera dell’Ordine della Terra primariamente intitolata “La danza del catafalco”, che noi intoniamo fin dal 1999, per raccogliere a noi tutta la concentrazione, prima di ogni seduta medianica. L’attinenza con la storia sta proprio nel fatto che il protagonista inizia la fase di introspezione proprio da quel momento musicale.
Aldilà di queste eccezioni, inserite per motivazioni legate ai contenuti, il mio obiettivo è stato unicamente quello di raccontare, un atteggiamento neppure troppo lontano da quello del cantautorato, giocando con i chiaroscuri dell’interpretazione, in un disco come Curve Sternum che ben si sposa a questo tipo di impostazione. Mi auguro di essere riuscito nell’intento e che la mia voce possa fungere da valida guida lungo il cammino del concept.
Cosa rappresenta l’affascinate e al tempo stesso enigmatico front cover artwork?
Nequam: Il simbolo che campeggia al centro della scena rappresenta il cosiddetto “microcosmo operativo”, lo spazio che il praticante allestisce nel tentativo di sintetizzare gli elementi esterni, a difesa della pratica. La forma del doppio quadrato porta la quadruplice scritta “Yod-He-Vau-He” il Grande Nome di Potenza o nome di Dio o dell’Equilibrio. Secondo la tradizione iniziatica, non esiste parola più evocativa e potente e va “pronunciata a bassa voce e con cuore pieno di umiltà” come suggeriscono i Rosa Croce. Il triangolo ha invece la funzione direzionale ed è uno strumento importante per il Medium quando il simbolo viene posto sul tavolo medianico. Tale figura è intersecata con la Croce Magica (che già abbiamo conosciuto nella Via Magica Mistica), i quali vertici sono in accordo con i simboli che ne regolano l’influenza: Saturno (Nord), Sole (Sud), Luna (Ovest), Mercurio (Est).
Questo simbolo, visto nel suo insieme, vuole rievocare il desiderio di perfezione che spinge l’Uomo nella ricerca. E’ un simbolo “stabile” di buon auspicio.
Ti va di spiegarmi a fondo il significato della frase latina “Igne Nitrum Roris Invenitur”che sta all’inizio del libretto interno?
Nequam: Igne Nitrum Roris Invenitur è una esortazione rosacruciana.
Letteralmente significa "dal fuoco e l'acqua, il sale viene estratto", anche se vi sono molte traduzioni possibili, essendo una frase importantissima sotto il profilo storico e culturale, prima ancora che magico, ma che fatalmente molti hanno soffocato e misconosciuto.
L'esortazione è ovviamente rivolta all'alchimista, all'obiettivo da perseguire che è per l'appunto il raggiungimento della trasformazione del Sale della Terra. Esiste una materia (la materia occulta), la vita in sè e per sé, un'acqua "caricata", salina e "attiva", guaritrice, antica, vitale. L'Alkahest di Paracelso per intenderci.
L'esortazione spinge l'adepto a cercare nella Materia lo spirito delle cose, una grande conquista filosofica, laddove “non sarà già nei cieli la risposta al nostro ardore” ma nella natura circostante.
Igne Nitrum Roris Invenitur esprime un concetto fondamentale. Bisogna insistere nella ricerca della vita attraverso la Natura. La Natura è prima di ogni altra cosa, quel Dio che l'uomo ricerca da millenni. Ovviamente per i Rosa Croce la Natura è Dio stesso, giacchè Dio è in ogni cosa (preconcetto che io personalmente non condivido), ma ho già espresso il mio pensiero riguardo la matrice di evidente deità insita nella Natura stessa e in ultima istanza ribadendo che semmai esistesse un Dio questo sarebbe senz’altro la Natura.
Personalmente ho utilizzato questa esortazione, oltre che per il fatto che essa rappresenta un faro nella mia vita, perchè in Curve Sternum il protagonista fallisce in questa impresa. E’ un monito a lui (e a tutti noi) dedicato, un concetto "guida" per il futuro a venire.
Da notare una curiosità che forse potrà interessare i lettori, che Igne Nitrum Roris Invenitur se reso acronimo dà come risultato I.N.R.I. la misteriosissima sigla che sarebbe stata posta sulla croce del Gesù profetico, aprendo un grande interrogativo sulla (pretesa) vicenda.
Secondo la Magia del tempo, ma inevitabilmente di ogni tempo, non ci sarebbe quindi verità nella traduzione giunta sino a noi di Iesus Nazarenus Rex Iudaeorum (Gesù Nazareno Re dei Giudei), in quanto semplicemente non collimerebbe con la figura del Gesù profeta, mentre renderebbe molto più credibile la sua figura se vista come figura iniziatica. Ho motivo di credere che, qualora fosse esistito realmente, sarebbe senza alcun dubbio stato Magister Iesus, più che l’improbabile figlio di un improbabile Dio. Ma questa è tutta un’altra storia.
Mi ha incuriosito la frase “grazie alla volpe che incontrammo sul nostro cammino, che fu pasto del predatore e dimora dei vermi”. Puoi dirmi qualcosa di più in merito?
Nequam: Alcuni passaggi nel concept hanno attinenza con la realtà e, ad esempio l’incontro con la volpe, appartiene al vero. Una testa di volpe, per l’esattezza, sbranata da qualche cane o altro predatore mi si parò davanti proprio mentre stavo passeggiando nei boschi immerso nella riflessione. Dagli occhi fuoriuscivano vermi e la pelle del muso ormai dilaniato metteva in risalto i denti e un’espressione carica di mortifera tensione. La presi in mano e constatai che al tatto, la peluria aveva perso consistenza, forse giaceva lì da mesi, mostrava i segni della decomposizione. Ne fui certamente inebriato e quindi la conservai per annotare l’evoluzione delle marciscenze. Nei giorni seguenti mi immersi nella lettura di alcuni miti, tra i quali quello dell’uomo-volpe e mi appassionai nel raccogliere informazioni sulla proverbiale riluttanza al branco dell’animale, un canide che caccia in solitudine, che attende il momento propizio, forte di una ben nota astuzia. Da queste e altre considerazioni proviene la presenza nel concept della volpe, vista qui come alter-ego del protagonista, invece desideroso di far parte di qualcosa di più grande, incapace di trovare armonia con lo spazio circostante.
So che i testi sono stati scritti in più riprese e poi cambiati più volte. Quando è che credi di aver raggiunto ciò che intendevi esprimere con le parole?
Nequam: Io abitualmente scrivo prima il concept e a cascata tutti i testi per poi raffrontarli alla musica. Da lì inizia un lavoro di adattamento e tessitura; sono abbastanza maniacale nel cercare le soluzioni migliori in termini di metrica soprattutto. Credo molto nella voce per la sua valenza fonetica non solo legata al significato, mi piace trovare il ritmo interno che talvolta si nasconde nelle parole. Anche per questa ragione ho accantonato la lingua inglese e mi sono dedicato con infinita soddisfazione all’italiano, una lingua che io amo visceralmente e che non ritengo, come molti, deficitaria musicalmente parlando. Non comprendo come si possa preferire un inglese maccheronico (difficilmente esportabile) al gusto di glorificare la propria cultura e la propria storia, utilizzando tra l’altro un lingua, l’italiano, che risponde alle esigenze del canto più di qualunque altra.
A mio avviso in “Curve Sternum” ci sono parecchie parti che potrebbero benissimo essere usate come colonna sonora o comunque essere utili per spettacoli teatrali. Nel caso se ne presentasse di nuovo l’occasione, ripetereste l’esperienza del 1997 quando collaboraste con la compagnia Teatro Degli Specchi?
Nequam: Certamente quando scriviamo e arrangiamo, la nostra attitudine rimane quella utilizzata per la musica applicata. Lo facciamo da anni, è anche normale che le nostre canzoni (perché nel caso di Curve Sternum trattasi di composizioni in forma canzone) abbiano un suono “cinematografico”. Quello del teatro è senz’altro un mondo per noi da frequantare, così come quello della video-arte. Sono tutti aspetti di un unico grande discorso che ci accompagna da anni: la ferma convinzione di quanto sia possibile creare un ponte interdisciplinare tra le varie arti. Non mancheranno, io credo, intrusioni future in questi campi.
Il disco ha appunto un alone cinematografico. Mi elenchi i principali film o documentari dei quali vi sarebbe piaciuto comporre o comunque partecipare alla colonna sonora?
Nequam: Ce ne sarebbero numerosi. Io amo molto i documentari, in particolare quelli di registi come Herzog o per contro Joris Ivens, Mario Soldati ma anche cose più attuali, ad esempio trovo talentuoso Terrence Malick. In genere resto affascinato dai documentari che non si impongono di apparire incalzanti e dinamici anzi, amo le atmosfere rarefatte. E’ proprio in certe dimensioni che si presterebbe bene la nostra musica. Non è frequentemente che si possono apprezzare film o documentari dove la musica giochi un ruolo veramente importante. Non amo quello strano processo di spettacolarizzazione dove tipicamente si mostra un animale feroce e subito si elenca quanto sia letale, terribile, mortale, con tanto di sottofondo cacofonico. Trovo tutto ciò veramente stucchevole e orrendamente didascalico. Solo certe pellicole hanno invece le caratteristiche che io ricerco e generalmente vedono grandi compositori di musica applicata come protagonisti: geni del calibro di Philip Glass (mirabili sono le collaborazioni con Geoffrey Reggio “Koyaanisqatsi” o “Powaqaatsi”) o in film come Kundun dove la musica di fatto tiene in piedi il film. Sono pagine clamorose, ma ripeto, parliamo di maestri assoluti. Cosa sarebbe stato Twin Peaks senza Badalamenti? Hitchcock senza Bernard Hermann? Sergio Leone senza Morricone?
Come credi reagirà il pubblico metal (soprattutto quello estremo) che aveva apprezzato “Materia Occulta” ascoltando il nuovo album?
Nequam: Sono stato e in parte sono ancora un ascoltatore di musica metal estrema, quindi credo di potermi mettere facilmente nei panni dell’ascoltatore “tipo” del quale tu parli. Ho sempre avuto la sensazione che vi siano dei capisaldi, delle sonorità che vengono universalmente riconosciute. Come nel caso di un disco che mi piace spesso citare, quel “Under the sign of black mark” che a mio parere rappresenta più di altri il black metal come “maniera”, una rivendicazione anche formale che io ritengo necessaria per un genere che anche organicamente si è sfaccettato, con esiti non sempre felici. La nostra musica attinge certamente da quelle istanze, non certo per i suoni o i ritmi, ma come prerequisito culturale. Una musica senza fronzoli, essenziale. La musica dei The Magik Way viene dal black metal e si è evoluta, viene dall’utilizzo del basso elettrico come strumento non di mero accompagnamento, viene da un’idea di arrangiamento corale. Il ritmo ora è stato scarnificato, rimane possente e pesante ma in una chiave rituale. La voce è molto più perentoria e non necessita più di effetti, storpiature, parossismi interpretativi. Ascoltando Materia Occulta gli ascoltatori si saranno certamente resi conto del fatto che, proprio perché raccoglieva materiali eterogenei, non dava grossi punti di riferimento e se è vero che alcune nostre cose potevano essere inscritte nel black metal è altrettanto vero che molto materiale aveva già un’identità più narrativa e teatrale. Se vogliamo quindi, Curve Sternum apre una ulteriore via interpretativa, essendo tornate le chitarre, anche se senza la deflagrazione tipica del metal, riponendo tutto il lavoro compositivo sugli strumenti a corda, cosa che avevamo abbandonato verso la fine degli anni ‘90. Sono solo diversi modi di “”musicare” i contenuti, invece assai più coerenti di quanto la nostra vena creativa e una certa schizofrenia musicale possa far sembrare. Cambiare pelle, esplorare nuovi territori musicali è sempre stato importante per noi e sempre lo sarà, pur mantenendo il focus ben fissato sulle tematiche da trattare.
Tu a chi consiglieresti “Curve Sternum”? E quali credi siano le condizioni migliori per apprezzarlo al meglio?
Nequam: Curve Sternum è un disco di facile assimilabilità, diretto e crudo, e sono convinto che l’ascoltare che ricerca dimensioni evocative potrà godere nell’ascolto. La chiave di lettura va sempre inscritta nell’alveo della musica occulta, come è sempre stato per i The Magik Way, anche se attraverso varie declinazioni, sin dal 1996. Essendo un concept album andrebbe ascoltato interamente. Comprendo che i ritmi del vivere odierno impongano momenti sempre più ristretti ma odio queste nuove modalità di ascolto dove ci si sofferma trenta secondi su un brano per poi passare a quello successivo. L’ascoltatore dovrebbe rivendicare il diritto di concedersi un attimo di rigenerazione, di epurazione dei pensieri, sempre così stracolmi di superfluo, non voluto, non richiesto. Se si trattasse solo di un ascolto di mera curiosità o finalizzato al consumo di musica con fare disinteressato Curve Sternum non farebbe per voi. Se desiderate invece inoltrarvi in una storia e viverne i contenuti allora sarete i benvenuti. La musica che ascolterete, vi consegnerà una testimonianza nella sua autenticità, figlia della nostra convinzione. Trasmettere tutto questo all’ascoltatore è per noi il fattore più importante di tutti.
Credi sopravviva qualcosa che leghi musicalmente/esotericamente/spiritualmente i THE MAGIK WAY di oggi a quelli che si formarono nell’inverno del 1996?
Nequam: Come dicevo prima il fil rouge è l’esoterismo. Il grande contenitore dei nostri equilibrismi musicali è sempre l’Ordine della Terra, il luogo dove si discutono i progetti e sostanzialmente si decide in quale direzione andare. Lì risiede la nostra identità. Se invece la tua domanda era rivolta all’aspetto musicale, Curve Sternum ha davvero qualcosa che proviene degli esordi, in termini di riff, armonie, scrittura. Lo abbiamo solo reso più diretto e meno univocamente cattivo e distorto, non fosse altro perché la storia non lo richiedeva e come dicevo prima l’obiettivo era quello di ottenere un suono legnoso, sabbioso. Siamo sempre stati affascinati dai chiaroscuri, dalle dinamiche in musica, questa visione più compassata e cameristica rappresenta l’humus del quale Curve Sternum è costituito. In quanto ai contenuti testuali appare evidente che i rimandi alla Neo-Magia non ci discostino poi molto dai temi già trattati negli anni ’90 e men che meno dall’idea di base che sta dietro a The Magik Way, come citazione delle teorie rendhelliane delle quali abbiamo parlato molte volte.
Cosa ne pensi di coloro che passano tutta la vita ascoltando e suonando un solo e unico genere musicale? Un’occasione persa o una coerenza incorruttibile da rispettare?
Nequam: Bisognerebbe analizzare caso per caso. Il fatto che noi siamo dediti ad un certo tipo di trasformismo non significa che non amiamo certe prese di posizione radicali. L’importante è che certa fissità culturale non nasconda una visione autistica dell’arte e il tentativo magari malcelato di ovviare, attraverso l’immobilità, una sempre più carente creatività. Certe vecchie glorie della musica mi fanno tenerezza, altre invece le guardo con grande rispetto. Certi rocker borchiati di 60 anni, obesi e sfiancati dagli eccessi mi provocano ilarità, questo sì. Dev’essere terribile rimanere imprigionati in un clichè che la gente ti chiede e al quale è abituata. Ben altra cosa è rappresentata da chi gioca il ruolo del fruitore di musica. Quelli di chi ascolta sono solo “gusti” e non implicano un coinvolgimento diretto di se stessi e della propria identità. Io stesso ho dei dischi “feticci” che probabilmente ascolterò per tutta la vita e che non mi stancano mai. Ho motivo di credere che in egual misura ci potranno essere appassionati di un genere totalmente impermeabili a tutto il resto, senza per questo apparire ottusi.
Tu cosa stai ascoltando ultimamente? Anche il silenzio è un’ottima base di ascolto a volte. Comunque, cosa ti ha colpito negli ultimi mesi?
Nequam: Posto che certamente il silenzio è molto più ricco di suoni e sfumature della maggior parte delle cose che ho ascoltato proveniente da strumenti, ormai ascolto pochissima musica. Leggo, lo preferisco, oppure se proprio devo mi dedico alla musica rituale, anche mediorientale, o canti gregoriani. Se non rispolvero qualche vecchio vinile, preferisco qualcosa di meditativo e che mi aiuti a ritrovare un certo “centro”. Molta musica occasionale invece mi crea alterazione, è così sgradevole. Tutto è come permeato dal desiderio di essere bravi e accattivanti, giusti e “prodotto” adeguato del marketing. Vedo band preoccupatissime del loro lato estetico, solo apparentemente di nicchia, ma in realtà ammorbate da idee di comunicazione figlie di una cultura consumistica a mio modesto avviso da condannare. Casualmente mi sono imbattuto nella visione di videoclip di band anche molto famose di oggi, ma quello che ho visto mi ha molto disturbato, non so perché. Io non vengo da quella cultura del metal, ora è tutto troppo perfetto, tutto troppo estetico. Sinceramente preferisco gli anni che furono e spero di non apparire un nostalgico per questo.
Grazie per la disponibilità. A voi le ultime parole.
Nequam: Grazie Marco per la bella intervista e l’amicizia di cui mi onori, e un saluto a tutti. Vi aspettiamo tra le pieghe di Curve Sternum.".
The Magik Way