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CULTUS SANGUINE
...e fu il tempo dei Morti
Agosto 2024
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Risponde Joe Ferraro

Ciao Joe e benvenuto su SPECTRA. Complimenti per il Box di cui, oltre ovviamente alla qualità sonora, è davvero ottimo il lavoro grafico e di packaging, una vera "opera d'arte". La sua pubblicazione serve a celebrare i vostri 30 anni di carriera o ha anche altri significati?

Ciao Marco! È un piacere risentirti dopo tutti questi anni! Ti ringrazio moltissimo per i complimenti e sono felice che il lavoro grafico ti sia piaciuto, volevamo dare un alone ancora più decadente ai nostri album senza stravolgere quello che era il loro packaging originale, abbiamo iniziato a discutere questo progetto insieme a Francesco MK diversi mesi fa, e devo dire che abbiamo trovato un valido interlocutore che ha saputo realizzare in modo molto qualitativo le nostre idee e celebrare in maniera ottimale questi 30 anni di buio musicale. Oltre al trentennale del gruppo (il primo demo è del 1994) abbiamo pensato anche di dare ai nostri fan la possibilità di avere su vinile tutti i nostri album.

CULTUS SANGUINE (escludendo la split tape del 2021 coi BLACK OATH), sono tornati, discograficamente parlando, l'anno scorso dopo oltre 20 anni di assenza. Cosa vi ha dato l'input iniziale per riprendere il cammino interrotto? Sentivate la necessità di "riaprire il cerchio" che avevate chiuso?

Diciamo che erano cessate le condizioni per le quali ci eravamo presi una pausa… Sentendoci fra di noi abbiamo scoperto che la voglia di creare nuova musica era presente di nuovo e l’alchimia fra noi era la stessa con in più 20 anni di esperienza, di assorbimento, di nuovi vecchi difetti, e pregi, una semplice chiacchierata fra noi ci ha fatto capire che eravamo pronti a scrivere nuove pagine, abbiamo iniziato con qualche concerto e subito dopo a scrivere nuovi pezzi, il buio era intatto.

Una delle caratteristiche dei CULTUS SANGUINE e di moltissimi dischi doom/gothic/dark/black è spesso quella di sentirsi accerchiati dal buio e dalle ombre, si ha la sensazione di essere come "prigionieri" di essi, ed è una "prigione" dalla quale non si vuole uscire. Concordi?

Personalmente sono d’accordo, ogniuno di noi ha il proprio lato umorale dominante, e chi come me si identifica in certe sonorità sicuramente lo trova nel buio. Più che uno stato di prigionia penso che sia un rifugio in cui ci si identifica e si sta bene.

Quali credi siano gli stati emotivi, umorali, le condizioni ambientali, atmosferiche ideali per apprezzare al meglio i CULTUS SANGUINE?

Penso che ogniuno dei nostri ascoltatori abbia il suo mood ideale di ascolto, personalmente quando ascolto qualcosa che apprezzo mi piace potermi concentrare, situazione ideale è a casa da solo oppure in macchina per quanto riguarda la situazione ambientale, per lo stato d’animo, di certo uno stato di potenziale potrebbe essere una calma serata in solitudine.

Alcune vostre canzoni presentano un forte alone orrorifico. L'orrore, il gotico, il thriller nel cinema, nelle letteratura, nella musica e nell'arte hanno da sempre molti estimatori. Incutono paura, una paura che comunque "cattura" a affascina al tempo stesso, giusto?

Assolutamente si, fin da bambino sono stato catturato dalla letteratura e successivamente dal cinema con un mood gotico, decadente, macabro e poi horror, il tetro mi ha sempre attratto, come un liquido denso mi avvolge e mi trattiene, dal buio interiore non c’è uscita.

Se tu dovessi definire la vostra musica e le emozioni da lei scaturita attraverso i colori quali diresti? Ce ne è uno che spicca sugli altri?

Non uno solo ma un caleidoscopio di rossi, viola, verdi, che mescolati insieme creano il buio interiore. Facendo una citazione: tutti i colori del buio

Il testo di "Sister solitude saves" (song del terzo album "Dust once alive") a un certo punto recita: "Come una cura per le mie perdite, come un oppio per il mio dolore, la sorella solitudine cura, la sorella solitudine salva". La solitudine a volte è una scelta obbligata, una necessità, non ti pare?

In alcune fasi della mia vita lo è stato, il testo di quella canzone è anche autobiografico, la solitudine ti rimette a posto, ti permette di pensare, di fare i conti con i tuoi errori, sei solo e devi affrontare tutti i tuoi dolori, è una via d’uscita oppure una porta verso il vuoto. A volte la solitudine può salvare, altre uccide.

Le liriche di "Gli uomini vuoti" parlano delle persone che, chi consapevole, chi no, conducono un'esistenza vuota; che senso ha, vale la pena, quanto si può andare avanti vivendo così?

L’umanità è piena di esistenze di questo tipo, persone che guardano la loro esistenza scorrere, come giorni strappati dal calendario, senza sussulti, senza emozioni, intrappolati nel loro grigio niente, esistenze che non lascano traccia alcuna, non vivono, esistono, personalmente non riuscirei ad andare avanti in questo modo, ma per la moltitudine essere uomini vuoti funziona.

Rifacendomi alla domanda precedente, ti senti proprietario della tua vita o stai invece conducendo un'esistenza non voluta e al di fuori delle tue aspirazioni, desideri e volontà? Senza la musica, quali forme artistiche avresti intrapreso per dare voce al tuo malessere?

Mi sento proprietario, interprete e per quanto riesca autore della mia vita, ovvio, ci sono eventi che non possiamo dirigere e decidere, accadono e sono al di fuori della nostra volontà, sin dalla gioventù ho diretto il mio fuoco verso la musica, da ascoltatore attento ed accanito (sempre e tutt’ora) e poi da cantante e autore. Forse se non mi avesse abbracciato la musica avrei sfogato il mio buio nella scrittura, chissà che un domani non ci provi, mi piacerebbe molto farlo un giorno.

Cosa, quanto rappresenta per te la musica? Riesci ad immaginare la tua vita senza di essa?

Assolutamente no, una vita senza musica è una vita sorda, priva di sussulti ed emozioni, per me rappresenta da musicista uno sfogo per le mie emozioni, i miei incubi, i miei dolori, da ascoltatore posso spaziare, anche se poi non mi allontano molto dal metal e affini, una degna colonna sonora alle emozioni, ai giorni a quello che sto vivendo o provando in un determinato momento, non riesco ad immaginarmi senza musica, che ascolto su supporti fisici ovviamente.

La copertina di "Shadow's blood" (1997) presenta un bambino morto seppellito in una bara. In quella di "Dust once alive" (2023) spicca, al centro di una camera desolata, un passeggino vuoto. Può esserci un legame fra di esse? Il dolore prende forma fin dalla nascita ed è destinato ad accompagnarci per tutta la nostra esistenza?

The sum of all fears, quale può essere la somma di tutte le paure se non la morte ? tutte le nostre paure confluiscono in Lei, la paura assoluta. A mio parere quando lasceremo le nostre catene umane ci accoglierà il vuoto, il nulla, la polvere.

Nella musica, nella letteratura, nel cinema, nell'arte in generale, spesso gli autori dedicano le loro opere a persone scomparse. Tu ritieni importante il ricordo di chi non c'è più?

Il ricordo di chi è staoto per noi importante vive sempre in noi, anche quando non lo facciamo trapelare, personalmente non ho mai dedicato niente della mia musica a chi non c’è più, ma lo faccio con i miei pensieri, ricordi o sorrisi.

"L'anima non muore mai, scambia la propria dimora precedente con una nuova, e in questa vive e agisce. Tutto cambia, nulla scompare" (Pitagora). Concordi?

Non mi trovo d’accordo, per me tutto finisce nel buio, tutto scompare, tutto tace,

Ti ringrazio per l'attenzione; lascio a te e parole finali.

Grazie per la bella intervista Marco, è stato davvero un piacere rispondere, spero di vederti ad una delle prossime date, Dust once alive

- MARCO CAVALLINI -