Se pensiamo a fondo al concetto originario di black metal, troveremo che la
base di tutto fu il disturbo verso l’ascoltatore, quasi il disprezzo per esso.
I Venom incisero “Black Metal” per dimostrare che il caos del precedente
“Welcome to hell” poteva essere amplificato. Gli Hellhammer/Celtic Frost
cominciarono a mutilare gli strumenti producendo i loro primi mortiferi riffs
non certo seguendo la scia della nascente scena thrash metal. I Bathory
dimostrarono che bastava comporre brani su due/massimo tre riffs per renderli
più incisivi e memorabili rispetto ad intricate trame speed/thrash metal
tecnico fine a sé stesso. Nel biennio 1992/1993 i DarkThrone con la
pubblicazione degli eterni “A blaze in the northern sky” e “Under a funeral
moon” fecero capire a chiunque si stesse avvicinando al genere Black Metal (o
comunque al metal estremo) che lo spirito, le sonorità e le produzioni andavano
ricercate in quei gruppi e anni sopra menzionati.
20 anni dopo, passate tutte le contaminazioni possibili che il genere avesse
potuto immaginare (una cosa che non si sarebbe mai potuta credere), gli
APOLOKIA sono qui a certificare che il Black Metal deve esclusivamente le
caratteristiche precedentemente elencate. Una musica nera, brutale, caotica,
nichilistica, satanica, gelida ed elitaria. Una musica che non può e non deve
allontanarsi dalle sue basi, stilistiche e attitudinali. “Kathaarian Vortex” è
il disco black metal più estremo mai pubblicato da un gruppo italiano e,
consapevole di questo, Blackfrost ha aggiunto un tono ancora più distruttivo
all’opera dandogli una produzione che definire apocalittica è il minimo.
In fondo il duo non deve rendere conto a nessuno della propria scelta
stilistica e attitudinale; e allora ecco una produzione e un suono che paiono
usciti direttamente da una sala prove norvegese nel bienno 1992 – 1994, non un
solo anno più in là. Quelle produzioni che all’inizio danno fastidio e sembrano
ormai inaccettabili se pensiamo che sono passati 20 anni da quell’epoca;
produzioni e suono che poi, a mente fredda, riconosciamo essere le uniche e
vere produzioni che hanno reso immortale il black metal degli anni ’90; ma qui,
ripeto, è tutto reso più caotico dalla band, volontariamente per annichilire
chiunque si presti all’ascolto dell’opera.
Musicalmente parlando “Kathaarian Vortex” è un disco pieno di idee, variazioni
sul tema e atmosfere; impossibile per chiunque non rendere omaggio al grandioso
lavoro del chitarrista e cantante Verminaard, assolutamente abile nel mettere
idee e riffs diversi nelle varie canzoni senza mai perdere l’originale spirito
di esse.
In particolare la tremenda title track e brani come “Order of the nine”,
“Signum Satani” confermano quanto scritto, unendo lo spirito primordiale ed i
riffs immortali del duo Hellhammer/Celtic Frost al concetto apocalittico e
disturbante di come era inizialmente concepito il black metal norvegese,
fondendo velocità folli a brevi pause cadenzate poggianti su riffing dal gusto
assolutamente mortifero. “Coil of nihilism” è, a mio modo di vedere, il
manifesto del duo, condensando in tre minuti la violenza e l’impatto delle
parti veloci con la sensazione di decesso di quelle lente. “Malignant
asphyxation” (cantata da Blackfrost) presenta, in parte, soluzioni e attitudine
inedite per il duo, sposando nella parte centrale un feeling lontanamente
industriale, spezzata improvvisamente da un riff chitarristico più tagliente di
una lama. La nuova versione di “Pure imperial darkness” (recuperata dallo
storico demo del 1997 “Fields of hatefrost”) guadagna in violenza e impatto
rispetto l’originale senza snaturarne l’essenza e il feeling.
Dimenticate ogni contaminazione che il black metal abbia avuto negli ultimi
venti anni; nessuna concessione melodica, nessun eco sinfonico, nessuna
tristezza depressive/suicidal, nessun riferimento al war black di Marduk/Dark
Funeral e compagnia, nessun influsso teatrale/vampiresco, nessun ingresso
post/shoegaze, nessun suono patinato. “Kathaarian Vortex” è un terribile album
concepito da un gruppo che non è alla ricerca di nuovi fans e anzi, al
contrario, prova piacere nel disturbare i suoi seguaci con un disco che
definire antiumano (per violenza, attitudine, gelo, misantropia, produzione e
nichilismo) suona perfetto.
Gli APOLOKIA sono questo, per loro il black metal deve e può essere solo
questo, che vi piaccia o meno; prendere o lasciare.
Con loro o contro di loro.
- MARCO CAVALLINI -