La frase conclusiva della mia recensione del precedente libro "La stagione dei ragni" (Giunti, 2021) era stata: "Il passato, prima o poi, in qualche modo può riprendere forma". E il passato di Barbara Baraldi (letterario, ma, ormai si è capito, non solo quello), con il suo peso, significato e valore enormi, incancellabili, torna... e oggi Aurora Scalviati è di nuovo fra noi, pronta a trascinarci con lei a Torino, dove un tragico fatto accaduto 34 anni prima non sembra ancora concluso.
Un incubo che si pensava definitivamente cancellato ritorna e riapre delle porte che si sperava si fossero chiuse per sempre; invece si spalancano, cadendo in frantumi in pochissimi istanti. Un serial killer uccide le sue vittime massacrandole con un antico spaccaossa e Aurora deve usare tutte le sue capacità di percepire le connessioni nelle azioni, nei segni lasciati volontariamente dall'assassino.
Tornare a Torino significa per lei, in un certo senso, sfidare il passato da cui è fuggita, tornando nei luoghi in cui, come accade spesso nella vita reale, non si può mai dire di conoscere a fondo le persone, neppure quelle che ci sono più vicine; e dove certi rapporti brutalmente interrotti possono riallacciarsi, contribuendo alla soluzione degli enigmi.
Aurora crede totalmente nelle prove scientifiche, è convinta siano capaci di dare tutte le risposte; ma un libro trovato in casa dell'ultima vittima le fa scoprire un mondo a cui lei non aveva mai prestato attenzione, un mondo dove si ritiene che la scienza, la fede e la teoria quantistica convivano e nel quale alcuni simboli enigmatici hanno un significato mistico.
Fin da "Aurora nel buio" (2017) l'autrice sa arricchire sapientemente la trama thriller con tante emozioni; alcune frasi colpiscono e lasciano un "segno" a seconda della sensibilità di ogni lettore e della sua interpretazione. Alcuni sapranno riconoscersi in certe espressioni che la scrittrice emiliana espone con disarmante efficacia.
Nelle frase conclusiva delle sue note finali, Barbara Baraldi scrive "Aurora è una di noi": affermazione che condivido in pieno.
- MARCO CAVALLINI -