Dei Black Capricorn avevo ascoltato un pezzo sulla compilation “Desert Sounds” (disponibile gratuitamente online sul sito Perkele) e questo loro nuovo album conferma la buona impressione che mi ero fatto di loro.
Siamo effettivamente in campo “Desert Rock”, dove con questo termine possono essere assimilati fra loro generi spesso confinanti come doom metal, stoner rock e heavypsych, e il trio di Cagliari basa il proprio impasto sonoro raccogliendo e assimilando fra loro con criterio elementi dai generi sopra citati.
Abbondano le parti strumentali (l’opener “Atomium”, Animula Vagula Blandula”, la granitica “Cat People”) nelle quali emerge la passione dei nostri per la psichedelia più pesante e acida.
Altrove è il doom di scuola Saint Vitus a farla da padrone, in brani cadenzati e ossessivi come la title track e soprattutto “From the abyss”, lunghe songs dove la voce del chitarrista Kjxu echeggia spesso (volutamente o involontariamente?) quella di Dave Wyndorf.
Proprio una versione più nera dei Monster Magnet del primo periodo (fino a “Dopes of infinity”) potrebbe essere il termine più vicino a descrivere quanto si ascolta in questo disco.
In conclusione arriva l’acustico/psichdelica “To the shores of distant stars”, cantata dalla batterista Rachela, e qui il gruppo si dimostra abile nel non perdere la cappa nera che ammanta l’intero album.
- MARCO CAVALLINI -