In questo attesissimo album di ritorno (dopo ben 16 anni di lontananza dalla scene), i Celtic Frost riescono nell'impresa di trasportare il loro stile dei loro primi storici albums nella dimensione attuale.
Ne viene fuori un disco dove la lentezza del doom, la romanticità del dark, la malinconia del gothic, la violenza del death, la malvagità del black, la maestosità di certa musica classica e la tipica vena sperimentale del gruppo svizzero si amalgamano in un vortice sonoro decadente ed estremo.
Thomas Gabriel Warrior e Martin Eric Ain prediligono il lato oscuro della materia sonora, componendo un gioiello come la sepolcrale "Os abysmi vel daath" (un omaggio al Maestro Therion Aleister Crowley), e realizzando nenie dal taglio apocalittico ("A dying God coming into human flesh"), dall'umore funereo ("Obscured"), dal sapore darkwave ottantiano ("Drown in ashes" sarebbe stata benissimo su "Floodland" dei Sisters Of Mercy); chi predilige il lato violento del gruppo svizzero troverà invece pane per i suoi denti nelle cattivissime "Progeny", "Domain of decay" e "Ain Elohim".
Il colpo di grazia arriva infine con la mastodontica "Synagoga Satanae", un'opera nell'opera (oltre 14 minuti di durata); una discesa sonora negli abissi dove ad una struttura musicale di diabolico doom metal si fonde un lavoro vocale/corale basato su partiture in inglese, recitati in antico latino e litanie in tedesco; se volete provare certe emozioni, ascoltatatela al buio, in religioso silenzio.
Per il sottoscritto, questo è il disco dell'anno 2006..
- MARCO CAVALLINI -