L'iniziale title track è una piacevolissima sorpresa, un condensato di emozioni, l'ennesimo gioiello partorito dalla mente di Justin Broadrik. "Silver" e "Wolves" aprono nuovi orizzonti nella musica dei Jesu, ampliando gli impercettibili segnali presenti nel debutto omonimo dell'anno passato. In queste due canzoni i Jesu abbracciano completamente lo stile shoegazing e le sue caratteristiche; ritmi cadenzati/ipnotici, voce sommersa dal muro chitarristico, e synths che ammantano il tutto in un'aurea dal forte umore malinconico. Sembra di ascoltare gli Slowdive suonare industrial doom, e i risultati raggiunti sono semplicemente strabilianti. In "Star" i ritmi si fanno invece più frenetici, e la lezione dei Godflesh si fa sentire pesantemente, quasi Justin dovesse pagare un pegno col proprio precedente artistico (ma ormai lo spirito originario è come svanito). E' come se il nostro volesse liberarsi dei fantasmi del passato ma non vi sia ancora del tutto riuscito.
- MARCO CAVALLINI -