Non nutrivo particolari speranze per questo nuovo album dei Katatonia; i precedenti due albums mi avevano infatti lasciato indifferente (specialmente l'ultimo "The great cold distance") e credevo che il gruppo svedese avesse ormai imboccato una parabola discendente continua.
Lieto di essere invece smentito dalla band, mi ritrovo invece davanti al disco forse più sperimentale mai creato dai Katatonia; intendiamoci subito, niente stravolgimenti, ma l'aggiunta di nuovi elementi/umori sonori rende nuovamente intrigante la proposta dei nostri.
Capita quindi che il tipico "Katatonia sound" sia investito da dosi di rock progressivo e psichedelico da un lato e dall'altro vada a toccare i lidi sonori di certi Massive Attack e Radiohead.
Un disco, questo "Night is the new day" che vive sull'intreccio fra ottime melodie vocali e un lavoro di chitarre grandioso; un disco dove le chitarre si ergono ad assolute protagoniste, forti anche di una produzione spaventosa. Si alternano canzoni delicate ("Idle blood" e "Inheritance" sono due ottime ballate semielettriche arricchite da inserti orchestrali di sottofondo), ad altre più dure ("Liberation", l'opener "Forsaken", la grigissima "Nephilim", echeggiante, emozionalmente parlando, gli esordi della band), ad altre sperimentali o comunque inusuali per Jonas Renske e soci, come "The promise of deceit" (dal taglio robotico simil Radiohead) e la conclusiva "Departure", una nenia notturna dal forte ascendente Portishead/Massive Attack.
Davvero un'ottima risposta da parte del gruppo a chi (il sottoscritto compreso) ne aveva decretato la prematura morte artistica; da ascoltare a lungo, specialmente nelle giornate piovose.
- MARCO CAVALLINI -