Atteso ritorno discografico per Malfeitor, il gruppo capitanato da Fabban (già negli Aborym); attesa dovuta soprattutto alla grandezza del loro debutto "Unio mystica maxima", il disco black metal (per il sottoscritto) del 2007. Rispetto al precedente album, tutto è stato qui estremizzato; le parti veloci sono oggi ancora più veloci, quelle lente ancora più lente (la sepolcrale "Void of voids" è la perfetta unione fra black e doom metal) e tutto il gruppo appare molto migliorato tecnicamente (grandissima la prova del batterista - defezionario - Atum), così come le vocals di Fabban risultano profonde come mai in passato. Ho letto spesso paragoni fra i Malfeitor e gruppi come Marduk, Dark Funeral, Dissection e la scuola svedese in generale, ma a mio avviso i gruppi citati non hanno nemmeno un centesimo della malvagità che sprigiona da questo "Incubus", un disco di black metal nero come la pece, concepito da personaggi che conoscono a fondo la materia che maneggiano. Gli unici appunti che muovo al gruppo romano sono la quasi totale assenza del cantato in latino, che era una delle migliori caratteristiche del debutto (appare solo in "The other half"), e la presenza del brano finale sperimentale "Antisaturno"; non capirò mai le bands che nelle interviste proclamano di non volere divulgare le loro "conoscenze" in campo occulto e poi infilano negli albums "cose" del genere.
Fatte queste due eccezioni, posso solo segnalare la grandezza assoluta del disco, specialmente di canzoni come "Mysterious mystical majestic", "Promethean fire" e soprattutto della mostruosa "Dark saturnian chaos", un inno alla morte messo in musica, la degna erede della mitica "Rex bestia fera" (presente nel debutto).
Procuratevi senza indugi questa gemma nera.
- MARCO CAVALLINI -