Avevo perso di vista gli svedesi Ocean Chief parecchi anni fa, precisamente nel periodo antecedente la release di “Tor” (pubblicato comunque con enorme ritardo rispetto a quanto originariamente previsto). Li ritrovo oggi col nuovo “Sten” e la loro proposta non si è spostata di un millimetro rispetto al passato. Un doom metal dove la lentezza e la pesantezza fanno continuamente a gara su chi prevale l’una sull’altra; 4 lunghissimi brani che vanno a costruire un unico macigno/monolite davvero difficile da digerire. Sul finire degli anni ‘90/primi 2000, si era soliti (il sottoscritto non sfuggiva alla regola) definire un disco come questo, “Doom Stoner” o “DoomPsych”, in quanto dava spesso l’effetto di stordire/”flippare” nel suo impatto così lento e pesante. Su un dinosauro come il sottoscritto, che ha passato la gioventù drogandosi con i vari “Dopethrone”, “Jerusalem”, “As heaven turn sto ash”, “Elaborations of carbon”, “The art of self defense”, etc, gli Ocean Chief appaiono noiosi già al secondo ascolto (e l’inserimento del minmoog nella conclusiva “Oden” non può certo poter rappresentare una novità assoluta per il genere). I nostri hanno imparato a memoria la lezione, e coi suoni, volumi e produzioni dei nostri tempi non avranno certo problemi a far effetto sulle giovani leve che conoscono oggi per la prima volta questo “stile”.
- MARCO CAVALLINI -