Conosco i Frozen Autumn fin dai tempi del demo “Oblivion” (1993) e considero ancora oggi il loro debut album “Pale awakening” uno dei migliori dischi della scena cold dark wave italiana. All’epoca quasi tutti (non a torto ma comunque in modo sbrigativo) utilizzavano il termine cold wave per descrivere un intreccio sonoro che stava fra Depeche Mode e The Cure. Dopo quel disco persi l’interesse per il gruppo torinese (spintosi in territori sempre più electro/energici e meno atmosferici) che incise albums comunque notevoli, ma distanti dalla mia sensibilità musicale.
Nel 2011 arriva il nuovo “Chirality” e la piacevole sorpresa è vedere i nostri rallentare il “tiro” e tornare, almeno in parte, alle cadenze e alle atmosfere dei primi anni. Si è quindi catapultati in pochi secondi indietro negli anni ‘80, gli anni dove la tecnologia era messa al servizio della musica e non il contrario come accade da ormai troppo tempo ad oggi. Pura cold wave, ovvero musica nostalgica che poggia su malinconiche note di synths e tastiere, sezioni ritmiche ipnotiche e cadenzate (o comunque mai troppo veloci), echi di liquide chitarre, struggenti melodie vocali e atmosfere nebbiose. Non so se Diego Merletto, da sempre leader della band, abbia avuto una folgorazione o un ritorno di fiamma per le sue origini, l’unica certezza è che “Chirality” vede i Frozen Autumn farmi ricadere in sogni (poi trasformatisi in rimpianti) che credevo non più possibili, regalandomi emozioni nostalgiche come non mi accadeva da anni. Le affascinanti “Before the storm”, “Breathtaking beuty”, la meravigliosa “Rallentears” e la conclusiva “The last train” sono le perle di un disco che ascolterete in trance emotiva mentre state alla finestra guardando la pioggia se vedete tutto nero, o un tramonto arancione se nutrite speranze nel domani che verrà.
- MARCO CAVALLINI -