Sesto album per Anders Trentemoller, musicista e dj danese, un disco in cui le atmosfere sognanti dello shoegaze/dreampop si alternano a fasi in cui emergono la passione per l'elettronica degli anni '90 e un certo post punk. Il titolo del disco dice molto su quanto vi è contenuto e quello che si può provare ascoltandolo; ci si lascia travolgere positivamente dai ricordi, si guarda indietro e al tempo stesso si riflette e ci si lascia cullare dalle emozioni. L' iniziale "Veil of white" (notevole l'apporto della cantante Lisbet Fritze) ne è l'esempio perfetto; un gioiello di etereo shoegaze elettronico dal quale ci si fa "rapire", bissato subito dalla successiva "No more kissing in the rain". La strumentale "Darklands" si basa su un buio crepuscolare da cui ci si vuole fare abbracciare a lungo, "In the gloaming" riporta a certe atmosfere della new wave malinconica di decenni fa; l'elettronica cupa di "Swaying pine trees" echeggia alcuni Depeche Mode. "Like a daydream" (di nuovo presente Lisbet Fritze) è stupenda, una delle canzoni più belle che abbia ascoltato da molti anni ad oggi. Il titolo dice tutto; ascoltandola è possibile sognare, andare in un mondo diverso da quello in cui si è fisicamente e poi tornare con un filo di speranza in più. La delicata "Linger" chiude l'album con la sua atmosfera notturna, una notte nel cui cielo si può vedere la luce emanata dalle stelle. Un disco in cui spesso è percettibile un velo nostalgico, forse anche per farci un attimo uscire dalla triste realtà di questi ultimi due anni. Un disco che (volontariamente?) fa pensare, ridà voce al passato, ai suoi ricordi e conseguenti emozioni. Il passato prima o poi ritorna. Sempre.
- MARCO CAVALLINI -