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VISTA CHINO
"Peace"
Napalm Recoirds. - 2013

Inutile usare troppe parole; questo è il disco che i fans dei Kyuss e dello Stoner Rock attendevano da più di dieci anni.
John Garcia, Nick Olivieri e Briant Bjork sono i 3/4 del mito Kyuss; Josh Homme è l’unico assente all’appello.
Altrettanto inutile girarci troppo intorno; credo che tutti volessero e non chiedessero altro che un album Kyuss al 100%, nei suoni e nel feeling; chi sostiene il contrario difficilmente verrà creduto.
La prima nota lieta, cosa non da poco, è che il nuovo chitarrista Bruno Fevery riesce in tutto e per tutto a non far rimpiangere il compianto Homme, essendone praticamente una riproduzione.
Chiaramente i fan più incalliti che conosco a memoria la discografia dei Kyuss sentiranno in più di un occasione riffs, soluzioni e melodie già ascoltati nei precedenti album dei nostri, ma non credo si lamenteranno della cosa, giusto?
Non credo di dire fesserie, dicendo che tutti i fans dei Kyuss e dello Stoner Rock saranno più lieti di ascoltare questo album piuttosto che seguire quanto ha fatto Josh Homme negli ultimi anni coi suoi Q.O.T.S.A.
Questo è un disco al quale non si chiedevano novità, si esige solo di riassaporare le calde atmosfere desertiche, ascoltare l’incontro/scontro fra dirompenti porzioni hard e liquide pause psichedeliche.
Ecco quindi che quando parte “Dargona Dragona” l’amarcord ha il sopravvento su tutto il resto; il suono è quello, la chitarra è quella, la voce è quella, l’umore è quello.
Le ottime “Planets 1&2” e “The gambling moose” sono quanto di più Kyuss si sia ascoltato negli ultimi anni e fanno la loro bella figura incastonate nei memorabili classici del gruppo di Palm Spring.
Curioso che la prima parte del disco scorra senza sussulti (eccetto la citata “Planets 1&2”) mentre invece la seconda presenti le cose migliori.
Le dinamiche “Acidize” e “Carnation” sono dirompenti nel loro tiro micidiale e promettono sfraceli on stage, mentre la conclusiva “Sunlight at midnight” è un bel strumentale dove la chitarra acida fa il bello e cattivo tempo.
Tutto perfetto quindi? Purtroppo no, in quanto come già detto sopra, alcuni brani della prima porzione scorrono anonimi, privi di mordente e feeling.
Ma la nota più negativa in assoluto è la produzione; la batteria è su livelli esagerati sovrastando il resto, su tutto la chitarra ritmica, che fortunatamente si sente quando è solista; le cose migliorano negli ultimi brani, ma ormai il dado (in questo senso) è tratto.
Viene da chiedersi il motivo di una scelta così scellerata dei suoni e del loro volume e del mixing in generale; poi il mio occhio cade sulle note interne del booklet e vede che la produzione è stata affidata a Brant Bjork, e allora le cose si spiegano…
- MARCO CAVALLINI -